Hassan Hater e' uno
scultore. Insegna arte all'Universita' di Tel Hai in Galilea ed e'
nato nel 1954 a Majdel Shams, in Siria. Nel Giugno del '67 ando' a
Quneitra per gli esami delle scuole medie, mentre gli alunni si
accingevano a scrivere giunse una notizia improvvisa, furono
rispediti tutti a casa e da allora, fino ad oggi, non ha mai dato
quegli esami. Il suo villaggio, una piccola perla a 1320 metri
d'altezza, alle pendici del Monte Hermon, a 25 minuti da Kiryat
Shmone, da allora, non fa piu' parte della Siria ma del Golan. Nella
sua carta d'identita' alla voce "cittadinanza" c'e' scritto "non
definita". Si sente siriano ma vive in Israele. Come gli altri arabi
nei villaggi della zona, gode dell'organizzazione e delle strutture
israeliane ma, per motivi umanitari, non ha mai voluto accettare la
"Legge del Golan" secondo la quale avrebbe dovuto accettare la
cittadinanza israeliana, arruolarsi e forse combattere contro i suoi
fratelli siriani. Hassan e' druso e con sua moglie, Uarda Hisham,
Rosa di Damasco, ha costruito una bellissima famiglia ed ha, per
molti versi, cambiato il volto del suo villaggio. Hassan Hater e'
riuscito a vincere la diffidenza della sua famiglia e della sua
gente riguardo la scelta di diventare artista, coinvolgendo tutti
gli abitanti del Golan in un viaggio attraverso l'Epopea drusa.
Quando torno' dalla Siria dopo gli studi artistici fu accolto come
un visionario. Hassan volle realizzare un sogno, ebbe il permesso di
realizzare, a sua spese, con materiali ricavati dalla natura, un
monumento che in seguito, con grande orgoglio, fu sistemato
all'entrata di Majdal Shams (che significa Torre del sole) dove
venivano narrate le gesta del Sultano Atrash, un grande leader Druso
che aveva combattuto per liberare la Siria dal dominio francese.
Questa opera fu una svolta nella vita della cittadina e nella vita
di Hassan Hater. Iniziarono ad invitarlo a convegni e mostre
artistiche ed abbraccio' definitivamente la sua concezione artistica
che puo' essere definita "Arte sociale" o "Arte di Cambiamento". Le
sue statue parlano la pace, esprimono a voce alta il desiderio di
trovare una soluzione, di collaborare, di guardarsi negli occhi di
raggiungere la serenita' interiore ed avere il coraggio di arrivare
a un compromesso. Non ci sono leader solitari che ottengono
vittorie. Le vittorie si ottengono collaborando, attraverso la
partecipazione, attraverso il coinvolgimento e nei monumenti che ha
creato in seguito in tutti i villaggi drusi, su richiesta dei
cittadini, appaiono immagini di donne, di anziani e di bambini
accanto ai condottieri che si sono battuti per creare quella
tradizione umana di cui il popolo druso va cosi fiero.
Attraverso l'arte Hassan
ha trovato il modo di dialogare, di continuare a vivere in una
realta' che si protrae da piu' di trent'anni. Ogni anno partecipa a
incontri d'arte in Israele dove insieme arabi ed ebrei vivono, non
parlano o analizzano, ma vivono - come ci tiene a precisare - il
dialogo e la convivenza. Insieme creano, insieme cercano nuove
tecniche, insieme allestiscono mostre. Non puo' partecipare a
Simposi d'arte all'estero perche' non ha un passaporto. E cosi va
avanti da piu' di trent'anni. Non sente nessun rancore verso gli
israeliani che hanno istituito i servizi di elettricita', acqua e
sanita' nel suo paese e in tutto il Golan, con i quali lavora e con
i quali avvengono scambi culturali ed economici, ma il suo sogno e'
tornare ad essere cittadino siriano. "Attraverso la mia arte
dimostro giorno dopo giorno che si puo' vivere insieme. Insegno
all'Universita' di Tel Hai, lavoro insieme a colleghi ebrei, ci
capiamo perfettamente, se il Golan tornasse alla Siria, se si
potessero cancellare i confini, potrei continuare ad insegnare
tranquillamente ai miei allievi ebrei qui in Israele. E' difficile
vivere cosi, dilaniati tra due realta'. Io amo insegnare a Tel Hai,
ho degli amici ebrei piu' cari di amici che ho qua nel mio
villaggio, ma mi e' difficile continuare a vivere senza
un'identita'! Ho compiuto i miei studi di arte a Damasco, sono
rimasto li 7 anni e poi sono tornato per crearmi una famiglia nel
mio villaggio. Il modo in cui Israele si gestisce ha dato tanto a
tutti noi, Ci siamo aperti ed evoluti dal punto di vista economico,
organizzativo. Abbiamo allargato i nostri orizzonti, ma non possiamo
diventare israeliani, siamo siriani. E ora non siamo ne' questo ne'
quello. Ho potuto studiare a Damasco perche' con l'aiuto della Croce
Rossa Internazionale, Israele ci ha concesso di studiare nella
nostra lingua in un paese a nostra scelta"
Domanda: Non era un rischio
per Israele mandare dei giovani a studiare in un'Universita'
siriana? "Proprio coloro che hanno studiato sono i piu' grandi
fautori del dialogo e della pace. Ci sono persone qui nel Golan, che
sono state anche in prigione per aver tentato di sconvolgere
l'ordine. Ma non tra di noi, non tra coloro che hanno studiato.
Quando una persona si evolve intellettualmente, cresce, si rende
conto che la pace e' il bene piu' prezioso. Impara a soppesare la
realta' attraverso la razionalita'. Chi studia ha piu' possibilita'
di affrontare la realta' e le situazioni piu' difficili."
Domanda: Sono passati piu'
di trent'anni. Cosa provano gli abitanti del Golan?
Nel Golan c'erano circa 150,000 abitanti, arabi, drusi, cirkassi.
Dopo la guerra fuggirono in Siria e si stabilirono li. Gli unici
rimasti sono i drusi per alcuni motivi: molte famiglie avevano gia'
vissuto la guerra contro i francesi, sapevano che andandosene
avrebbero perso la loro casa e sarebbero divenuti profughi quindi
decidemmo di rimanere ed accettare la situazione. La guerra in
questa zona non era cosi aspra e l'influenza dei Drusi di
cittadinanza israeliana ci convinse nella decisione di restare. Noi
non avevamo ricevuto i messaggi di demonizzazione nei riguardi di
Israele che si trasmettevano agli arabi e li costringevano a vedere
negli ebrei dei nemici da temere. Ci adattammo a questa realta', i
drusi sono un popolo che sa adattarsi. Con tutto cio' ho nostalgia
per il mio passato, per la mia identita'. Anche se mi sento
cittadino del mondo, anche se per il mio carattere non amo confini.
Vorrei crescere i miei figli come sono cresciuto nella mia infanzia.
In Israele c'e' una cultura occidentale, a mio giudizio meno legata
alla terra, ai luoghi, alle tradizioni. Ho nostalgia per la cultura
orientale, per il legame famigliare, per i legami sociali. Nella
cultura occidentale c'e' piu' solitudine. Abbiamo nostalgia di quel
calore tipico orientale, anche se forse questo e' un cambiamento che
sta' avvenendo in tutto il mondo. I nostri figli frequentano corsi
di ogni genere, navigano in internet, vedono programmi
televisivi…eppure si annoiano!"
Domanda: Questo pero', e'
un problema della vita moderna! Siamo noi genitori che dobbiamo
preoccuparci di educare i nostri figli ed infondere loro dei valori,
a continuare a costruire ponti tra loro e noi. Ma cosa credi che
desiderino ora i cittadini drusi del golan?
Prima di tutto vogliono la
pace. Questo e' il desiderio piu' grande ma vogliono anche
riacquistare la cittadinanza siriana. Molte famiglie qui sono
divise. Una parte vive in Siria e l'altra in Israele. Ci sono
famiglie che non si vedono da trent'anni. Da quando e' stato firmato
l'accordo di pace con la Giordania molte famiglie si incontrano ad
Amman. Da qualche anno c'e' anche la possibilita' di parlare al
telefono con i paesi arabi. Ci diamo degli appuntamenti telefonici e
ci incontriamo in Giordania, c'e' meno tensione. Se ci sara' un
accordo di pace la speranza e' che i confini restino aperti. Ora
stanno avvenendo tanti cambiamenti per noi tutti. 4 o 5 anni fa era
piu' difficile. Ora la situazione e' migliore. Ci sono piu'
palestinesi pronti a dialogare. Oggi tutti si rendono conto che
l'intifada, le guerra e tutti gli eventi degli ultimi anni non hanno
portato a nulla oltre che a tragedie e distruzione. Perfino Ariel
Sharon sta' cambiando la sua linea politica. Ci sono speranze
all'orizzonte. Tutti si rendono conto che abbiamo bisogno di pace.
Tutti sono coscienti che questa situazione non puo' continuare. Non
c'e' altra strada, non c'e' altra alternativa oltre a quella di
siedersi e parlare. Non possiamo piu' perdere figli nelle guerre,
spargere sangue innocente. Sara' difficile perche' ci sono state
vittime da entrambe le parti. Non abbiamo piu' neanche un giorno da
perdere. Dobbiamo arrivare ad un accordo prima possibile. Spero che
entro pochi anni, entro pochi mesi si arrivi ad un accordo. Che
ognuno riceva cio che gli spetta, certo, ci sara' bisogno di
concessioni e compromessi non si puo' ricevere tutto senza
rinunciare a nulla. Non si puo' mai ricevere il 100% di cio che si
desidera. Se tu ed io vogliamo qualcosa, se ci impegnamo seriamente,
dobbiamo rinunciare a qualcosa, dobbiamo sapere che e' cosi!
Domanda: Ma molti in Israele hanno paura di fare altre
concessioni. Hanno paura di essere attaccati. Non si fidano piu'!
Abbiamo bisogno di Capi
seri, intelligenti, che abbiano il coraggio prendere decisioni
difficili. Finche' non verra' risolto il problema dei profughi
palestinesi non ci sara' pace. Bisogna trovare una soluzione.
Costituire uno Stato, dar loro degli idennizzi, aiutarli a
ricostruirsi, stipulare con loro degli accordi. Da quando c'e' stato
l'accordo di "cessate il fuoco" tra Israele e Siria non e' stato
piu' sparato un colpo tra i due paesi.
Prima di andarmene mi
accompagna alla piazza principale di Majdel Shams davanti al
monumento di un altro Sultano che gli e' stato chiesto di scolpire.
Mi spiega con entusiasmo tutto il percorso, i materiali usati e la
grande influenza che la sua creazione ha avuto sugli abitanti del
Golan.
Me ne vado con una
sensazione strana. E' come se avessi conosciuto un uomo innamorato
perdutamente di due donne. Il cuore del quale e diviso tra l'una e
l'altra.
E lo capisco, lo capisco profondamente e cerco dentro me la forza
per continuare ad accogliere e a capire questi drammi e questi
eventi straordinari che il mio cuore si offre di contenere giorno
dopo giorno con stupore e passione!
Dr. Angelica Calo' Livne'
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