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 Nessuno puo' sapere cosa accadra' in Medio 
Oriente dopo l'avvento di Abu Mazen, e dopo i grandi cambiamenti 
politici in Israele. Nessuno può sapere cosa accadra' in Irak, in 
Somalia o in tutti i luoghi dove c'e' guerra. Nessuno puo' sapere se 
ci sara' un'altro Tsunami. Abbiamo sviluppato capacità di fare 
previsioni di ogni genere eppure ci sono ancora fatti eclatanti che 
come quest’onda arrivano all'improvviso, cancellano e distruggono 
tutto, sradicano, travolgono e annichiliscono il nostro spirito. Ci 
sono onde che arrivano un bel mattino, che ti colgono di sorpresa, e 
tu neppure te ne rendi conto. Senti che sta' accadendo qualcosa, e 
ti guardi intorno smarrito, per scorgere un tronco a cui 
appigliarti. Tutto intorno si capovolge, e ad una ad una tutte le 
tue certezze, tutti i valori in cui credi, spariscono davanti ai 
tuoi occhi, come ingoiati dai flutti di una tempesta. Qui un bambino 
rapito e seviziato, là un intero villaggio in Africa trasformato in 
un covo di combattenti senza D-o, qui chiese, moschee, sinagoghe in 
fiamme, là gente che ha paura di entrare anche in un centro 
commerciale, che non si rende conto di cosa accade e consuma 
migliaia di scatolette di Prozac per calmare i nervi, per recuperare 
la speranza e la voglia di vivere. 
Siamo nell'onda. Siamo in un mastodontico, immane 
Tsunami. Siamo nella fase del risucchio in cui il mare 
improvvisamente retrocede, si trasforma in una gigantesca barriera, 
in attesa tornare con devastante potenza sulla spiaggia, 
scaraventandosi su tutto ciò che incontra. Stiamo vivendo una terza 
guerra mondiale. Chi ancora non se ne rende conto lo capirà, con 
sgomento, quando l'onda tornera' e travolgera' tutto. Chi puo' 
salvarsi da una terribile tempesta in alto mare? Chi può sfuggire 
dai flutti, dal freddo, dalla paura, dalla disperazione? Si tratta 
di una guerra che stiamo combattendo più con la mente e con il 
cuore, piuttosto che con le armi. Lo tsunami ci ha bruscamente 
ricordato sia quanto siamo fragili, sia che esiste un’unica famiglia 
umana. Non è un caso che lo stesso tsunami, origine di tanti lutti e 
di tanta devastazione, abbia portato alla luce i segni di una 
umanità che si preoccupa per gli altri. Allora si puo' salvare 
dall’”onda” non solo chi ha imparato a nuotare, non solo chi e' 
forte, o chi trova un appiglio, ma anche chi ha immaginazione, chi 
sente la responsabilita' di salvare qualcuno che ama profondamente, 
chi rinuncia alla sua superbia e accetta di essere aiutato, chi 
porta aiuto a degli sconosciuti seguendo quell’ impulso di una 
solidarietà che è insita nelle radici umane. Ecco allora che chi 
riesce a vedere se stesso e gli altri in modo diverso, può salvarsi 
da una tragedia. Operare per la pace significa educare se stessi e 
gli altri per scampare da tutti gli Tsunami del mondo, significa 
imparare a togliersi "una maschera divenuta così pesante da non 
poterla piu' sopportare". Così dice Mussa, arabo cristiano di 
Pekiyin, che recita nel Teatro dell'Arcobaleno. Una maschera che 
indossiamo molto presto, e che offusca la nostra esistenza uccidendo 
i sogni di quando eravamo bambini. Ecco allora come ciascuno di noi 
può ancora vincere la guerra in atto e sfuggire all’onda immane. 
Ognuno può recuperare, giorno dopo giorno, quella sensibilita' così 
naturale verso i dolori di migliaia di persone che ancora non hanno 
una casa, o un lavoro, e vivono nella desolazione. Ognuno, ogni 
bambino di ieri, può valorizzare il suo operato contribuendo ad 
evitare che i bambini di oggi e di domani siano ancora oppressi da 
quella stessa maschera. Per vincere lo tsunami e sopravvivere 
dobbiamo essere chiari, spiegare con tutto l'amore che abbiamo 
dentro che non basta "comportarsi bene", bisogna operare, creare, 
fabbicare il bene e coinvolgere tutti coloro che ci circondano, 
contagiare tutti coloro che ci si avvicinano, inondarli di 
positivita', far provare a chi si imbatte in noi l'ebbrezza del 
calore, la gioia e la riconoscenza di chi si e' aiutato, di chi si 
e' salvato, senza neanche rendersene conto, anche solo con una 
parola, con un sorriso, con una carezza sul capo. Questa solidarietà 
innata e' l'unica forza che puo' davvero salvare il mondo, che può 
cambiare il punto di vista di chi preferisce stanziare somme 
spropositate per mantenere efficienti 10 mila bombe atomiche, invece 
di finanziare centri di ricerca per i movimenti sismici, per curare 
il cancro, per risolvere il problema dell'acqua potabile e 
dell'irrigazione. Siamo tutti responsabili, genitori, nonni, 
insegnanti, droghieri, benzinai, tutti. Tutti noi, piccoli, 
minuscoli frammenti di cosmo abbiamo il dovere di sforzarci per 
poterci guardare in volto, facendo calare quella maschera che ci 
impone la società in cui viviamo, .  
 
Occorre prendere atto che ciascuna delle nostre storie ha bisogno 
di rafforzarsi, costruendo anche una storia comune, dove non 
esistono piu' torti ne' ragioni, dove si ricomincia da capo, dove si 
prende il buono da ognuno e si uniscono le forze per costruire. 
Costruire. Salvare. “Ci sono tante creature al mondo che hanno in 
se' un po' di D-o” c’è scritto nella Kabbalah. Il nostro compito è 
di aiutarle a scoprirlo, a rendersene conto. Quando le persone si 
incontrano e mettono insieme quanto c’è in loro “A sua immagine e 
somiglianza”, allora ecco che riemerge e si costruisce 
quell’”humanitas”perduta e dissolta nel corso dei secoli. Questi 
incontri avvengono sempre più di frequente e sono l’espressione più 
concreta di come operi la forza della solidarietà. Ne abbiamo esempi 
anche i quelle situazioni dove ancora si cerca la pace, come tra 
israeliani e palestinesi. Dal prossimo mese i ragazzi 
dell'Arcobaleno si spargeranno nei villaggi della Galilea e 
creeranno piccoli gruppi di teatro con bambini e ragazzi piu' 
giovani. Il teatro apre un dialogo coinvolgente: e' cio che sanno 
fare, e noi li li aiutiamo a metterlo in opera. Si inizia così a 
diffondere questa consapevolezza di una umanità positiva, nello 
stesso modo in cui un sasso gettato nell'acqua crea cerchi 
concentrici che si allargano e si moltiplicano.  
Non è solo una speranza. Molti di questi cerchi hanno raggiunto il 
Lazio, l’Umbria ed il Veneto in Italia, altri sono arrivati fino a 
Betania, fino a Chicago, fino all'Australia, dove questa 
consapevolezza ha già cominciato ad affiorare con forza. 
 
E’ più di una speranza. E' un inizio. E’ il futuro che si affaccia 
in attesa che noi, bambini di ieri, tramandiamo alle nuove 
generazioni, come è stato già fatto con noi, il patrimonio piu' 
prezioso dell’umanità: quello col quale sarà possibile evitare tutte 
le guerre e tutti gli tsunami, che ancora ci minacciano. 
Dr. Angelica Calo' Livne' 
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