Ascolto col cuore gonfio 
il mio interlocutore. "Non basta piu' nemmeno Sharon, la pace 
non ci sara' mai, ci siamo sbagliati, abbiamo creduto invano che 
il linciaggio di Ramallah fosse un errore, che fosse episodio 
isolato! Il male sta' avendo il sopravvento, sta' sbarazzando 
tutto cio che si era costruito, che si era sognato, vagheggiato, 
desiderato nel profondo del cuore! Che futuro ci attende accanto 
a vicini che ci detestano con tutte le forze? Non c'e' piu' una 
sola speranza di cambiare qualcosa di dialogare con questa 
gente!"  
E' la disperazione che 
parla attraverso i suoi occhi, una disperazione spettrale, 
vestita di nero per i troppi lutti da ricordare, una 
disperazione con gli occhi infossati e due occhiaie profonde di 
notti insonni. Una disperazione pallida, indebolita dalla paura 
per i propri figli scolari, per i propri figli soldati, per i 
propri figli giovani sposi e giovani padri. E' la stessa antica 
disperazione di Massada, dei ghetti, di Treblinka quella che 
gridava stravolta davanti ai pogrom e davanti a figli di popoli 
antichi immolati a chissa' quale Dio. Sabato 23/5 Samar, la mia 
amica palestinese ed io riceveremo ad Assisi un premio per la 
nostra attivita' per la pace . "Ma che pace, che pace? Quante 
Samar ci sono? Quante se ne possono contare tra di loro? E poi 
Samar e' cristiana!" Incalza senza pieta' una madre – "Loro, i 
mussulmani sono diversi!"  
No, non posso accettare 
questa affermazione! Non ci credo, Non esistono solamente i 
mussulmani che decapitano, immolano, esplodono e vivono per 
morire per poi risvegliarsi accanto a 70 vergini. Ci sono i 
Magdi Allam, ci sono i miei amici di Jish e quelli di Majdel 
Krum. "Il loro cuore sanguina due volte dopo un attentato, per i 
loro fratelli ebrei e per quelli arabi".  
Noi li troveremo. 
Troveremo i mussulmani dell'algoritmo, quelli che hanno 
costruito la Mecca, le dighe, i tunnel e i minareti, quelli che 
hanno inventato i numeri, che hanno decorato la Moschea di El 
Aksa e di Omar Kaiyam, che hanno piantato giardini di fichi, 
melograni e gelsomini in Spagna, in Sicilia e in Marocco. Quelli 
che danzano al ritmo delle darbuke risvegliando la gioia di 
esistere. Li troveremo e gli daremo tutto il nostro amore e il 
nostro appoggio affinche' si risveglino, si fortifichino, si 
riempiano di energie e abbiano la forza e il coraggio di 
affrontare i loro fratelli che non hanno piu' amore per nulla.
Li troveremo quei 
"cugini" che sono disposti a scendere con noi in piazza insieme 
ad altri 150mila per cantare cosi forte, cosi uniti, che la pace 
non potra' piu' indugiare a scendere finalmente sul nostro 
spirito, sui nostri cuori, sulle anime troppo provate dal 
dolore. Li prenderemo per mano per infondergli la forza di 
ammettere, di gridare che vogliono vivere, VIVERE! 
Vivere e continuare a costruire il mondo che D-o, non importa 
come ognuno voglia chiamarlo, ci ha donato!
Dr. Angelica Calo' Livne'