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 E' una tradizione ormai, 
ogni anno il gruppo dei "ragazzi" con cui Yehuda, mio marito, era 
all'esercito si incontra per una lunga gita a piedi. In boschi, in 
montagna, nel deserto o da qualche parte in Israele. All'inizio 
eravamo giovani coppie, poi e' arrivato il primo bambino, oggi 
alcuni dei nostri figli sono gia' soldati. . . 
Sembrava che nulla potesse 
intaccare lo spirito di questi sabre inossidabili straordinariamente 
abbronzati tutto l'anno per il lavoro all'aria aperta, era 
impensabile che l'amarezza e l'incredulita' per la situazione in 
Israele potesse disegnare nemmeno per un attimo un ombra di 
sconforto anche nei loro occhi. Ieri tra una scalata e l'altra sulle 
rocce del deserto nel Wadi Daraje davanti al Mar Morto, mi sembrava 
di non riconoscere piu' gli amici di sempre, questo gruppo di 
persone straordinarie che 25 anni fa aveva liberato a Misgav Am, un 
kibbuz qui vicino sulla frontiera con il Libano, 11 bambini di tre 
anni che due terroristi avevano preso in ostaggio. Mentre 
camminavamo tra due pareti immense di rocce maestose raccontavo loro 
dei miei viaggi in Italia e nel mondo, di Samar, la mia amica 
palestinese e dell'affetto con cui ci accolgono. "E' bellissimo 
sentire le tue storie sul teatro e sui tuoi sforzi per avvicinare i 
cuori, ma non c'e' niente da fare cara amica! Loro ci vogliono 
morti, non ci vogliono qua! Hanno ancora la chiave della loro casa a 
Yaffo e a Haifa attaccata al collo! Non ci sara' mai pace con i 
palestinesi Non si potra' mai dialogare con quelli, forse lo vuoi 
tanto ma non e' cosi, non ci credere!!!"   
Sono uomini di 45 anni che 
ho conosciuto ragazzi, quando avevano l'eta' che ha ora mio figlio. 
Padri senza un futuro, che costruiscono case e famiglie a cui non 
possono promettere nulla. "E allora perche' restare qui? perche' 
rimanere attaccati a questa terra cosi profondamente? Perche' 
insegnare ai nostri figli a conoscerne ogni piccola pietra? Abbiamo 
il dovere di sperare, di continuare a provare a cercare di vivere 
insieme a loro. Di convicerli e convincerci che si puo'. Di trovare 
il modo di crescere i loro e i nostri figli normalmente! Dobbiamo 
fare il possibile! E dobbiamo iniziare dall'educazione, nostra e 
loro, lo stiamo facendo e continueremo a farlo, non possiamo 
arrenderci. Non e' tutto bianco o tutto nero, non e' giusto pensare 
che lo sia!!!" La mia voce echeggia come a supplicare i miei 
interlocutori di non mollare, non loro per favore! "Ma oggi la 
Galilea e' la culla di Hamas...." mi dice Hanoch. "Lo so, io ci vivo 
in Galilea ma gli arabi di Fassouta e di Jish sono di casa da noi. E 
tanti di loro cercano la tranquillita' come la cerchiamo noi. La 
vita da vivere e' molto meno complicata della vita che si racconta!"   
Al momento di lasciarci 
Amos, il piu' disincantato, con un passato ricco di storie, uno che 
gli arabi li conosce bene, per averci lavorato insieme, per averci 
vissuto insieme mi abbraccia e mi da' una specie di benedizione a 
modo suo........ "Continua cosi, ce ne vorrebbero tanti che ancora 
credono..." 
Vi mando questa 
benedizione, questa preghiera. Questa urgenza: credere! 
E la profezia avverera' se stessa! E' cosi! 
Dr. Angelica Calo' Livne' 
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