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Un grido do dolore
di Angelica Calò Livnè.

 

Ascolto col cuore gonfio il mio interlocutore. "Non basta piu' nemmeno Sharon, la pace non ci sara' mai, ci siamo sbagliati, abbiamo creduto invano che il linciaggio di Ramallah fosse un errore, che fosse episodio isolato! Il male sta' avendo il sopravvento, sta' sbarazzando tutto cio che si era costruito, che si era sognato, vagheggiato, desiderato nel profondo del cuore! Che futuro ci attende accanto a vicini che ci detestano con tutte le forze? Non c'e' piu' una sola speranza di cambiare qualcosa di dialogare con questa gente!"

E' la disperazione che parla attraverso i suoi occhi, una disperazione spettrale, vestita di nero per i troppi lutti da ricordare, una disperazione con gli occhi infossati e due occhiaie profonde di notti insonni. Una disperazione pallida, indebolita dalla paura per i propri figli scolari, per i propri figli soldati, per i propri figli giovani sposi e giovani padri. E' la stessa antica disperazione di Massada, dei ghetti, di Treblinka quella che gridava stravolta davanti ai pogrom e davanti a figli di popoli antichi immolati a chissa' quale Dio. Sabato 23/5 Samar, la mia amica palestinese ed io riceveremo ad Assisi un premio per la nostra attivita' per la pace . "Ma che pace, che pace? Quante Samar ci sono? Quante se ne possono contare tra di loro? E poi Samar e' cristiana!" Incalza senza pieta' una madre – "Loro, i mussulmani sono diversi!"

No, non posso accettare questa affermazione! Non ci credo, Non esistono solamente i mussulmani che decapitano, immolano, esplodono e vivono per morire per poi risvegliarsi accanto a 70 vergini. Ci sono i Magdi Allam, ci sono i miei amici di Jish e quelli di Majdel Krum. "Il loro cuore sanguina due volte dopo un attentato, per i loro fratelli ebrei e per quelli arabi".

Noi li troveremo. Troveremo i mussulmani dell'algoritmo, quelli che hanno costruito la Mecca, le dighe, i tunnel e i minareti, quelli che hanno inventato i numeri, che hanno decorato la Moschea di El Aksa e di Omar Kaiyam, che hanno piantato giardini di fichi, melograni e gelsomini in Spagna, in Sicilia e in Marocco. Quelli che danzano al ritmo delle darbuke risvegliando la gioia di esistere. Li troveremo e gli daremo tutto il nostro amore e il nostro appoggio affinche' si risveglino, si fortifichino, si riempiano di energie e abbiano la forza e il coraggio di affrontare i loro fratelli che non hanno piu' amore per nulla.

Li troveremo quei "cugini" che sono disposti a scendere con noi in piazza insieme ad altri 150mila per cantare cosi forte, cosi uniti, che la pace non potra' piu' indugiare a scendere finalmente sul nostro spirito, sui nostri cuori, sulle anime troppo provate dal dolore. Li prenderemo per mano per infondergli la forza di ammettere, di gridare che vogliono vivere, VIVERE!
Vivere e continuare a costruire il mondo che D-o, non importa come ognuno voglia chiamarlo, ci ha donato!

Dr. Angelica Calo' Livne'

 

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