BERESHEET LA SHALOM TEATRO ARCOBALENO

Stampa 2009

 

 

 

 

 

La riconciliazione fa fare festa
a israeliani e palestinesi

IL SECCOLO XIX | 19 maggio 2009 | maricla tagliaferri

IL SECOLO XIX

Nella terra dove da anni i potenti discutono di pace e ancora anche solo una parola sbagliata può provocare più danni di una bomba, una stretta di mano o magari una canzone possono essere più efficaci di cento incontri al vertice. È stata questa la filosofia del Concerto per la Riconciliazione, iniziativa lanciata da Sat 2000, il braccio televisivo della Conferenza Episcopale Italiana, in occasione del viaggio del Papa in Terra Santa. Il primo appuntamento è stato il 13 maggio proprio qui a Bet’she An, nei dintorni di Nazareth, una delle più antiche città della Galilea, a due passi dal fiume Giordano e dal lago di Tiberiade, oggi vivace meta turistica. Lì, nell’anfiteatro romano si sono esibiti artisti italiani, israeliani, arabi e palestinesi, salutati da Roma dai capi delle loro religioni e applauditi da circa quattromila persone accalcate sugli antichi gradini, famiglie ebree, musulmane e cristiane.

L’intento è di farne un appuntamento fisso, stabilendo il 13 maggio come Giorno della Riconciliazione. L’idea è venuta a Francesco Porcelli, attuale capo delle produzioni di Sat 2000, dov’è approdato dalla Endemol: «Dopo aver prodotto quattro edizioni del Grande Fratello, sono stato folgorato sulla via di contenuti» ride Porcelli, cugino di Ugo Porcelli, storico complice di Renzo Arbore, tirato dentro quest’avventura per scrivere lo spettacolo di Bet’she An, andato in onda mercoledì scorso. «Ho accettato subito, perché a Sat 2000 si possono ancora scrivere pagine bianche, inventare come altrove non è più possibile» assicura.

«A dicembre andai con la famiglia in Terra Santa, in piena guerra di Gaza» racconta Porcelli «sono un cattolico praticamente, interessato da sempre alla questione mediorientale e alle religioni. Rimasi colpito dal clima che si respirava, una grande voglia di vita quotidiana, di normalità nonostante tutto, condivisa dalla gente comune, ebrea o musulmana che fosse. Allora mi sono detto che forse bisognava ricominciare dal basso, per riuscire in quello che i vertici non riescono a risolvere. E perché non con l’arte? Perché non con la musica, che è un linguaggio universale?». Il direttore dell’emittente Dino Boffo, che guida anche Avvenire, fu d’accordo e partì la preparazione.

«Non è stato un lavoro facile» ammette Porcelli «qui hanno metodi e tempi diversi. E ogni momento ti accorgi che anche una virgola al posto sbagliato può essere mal interpretata». Ma la posta in gioco, valeva la fatica. È stato messo a punto il cast tecnico, capeggiato dal regista Pino Leoni, altra firma storica della tv pubblica quand’era bella, utilizzando maestranze tutte rigorosamente locali. Si sono scelti i conduttori: l’attore-regista Giulio Base e l’attrice israeliana Moran Atias, fra poco sui nostri schermi con Luca Argentero e sulla Tv americana nella serie “Crash”. Ed è stato definito il cast artistico, la parte più complessa dell’intera operazione. Per esempio, volendo sul palco un decisa presenza palestinese, ci si è rivolti a padre Raeth, parroco di Tayben, villaggio cristiano nelle vicinanze di Ramallah, che ha segnalato un coro di 25 bambini e un balletto di 30 adolescenti: «Ragazzi straordinari ed entusiasti di partecipare, ma non tutti i loro genitori erano d’accordo a mandarli in terra israeliana» chiosa Porcelli «e temevamo anche la reazione del sindaco di Bet’she An, che fu ferito e perse un parente in un attentato nel 2002».

Senza contare che a poche ore dallo spettacolo, proprio durante un incontro col Papa uno sceicco arabo aveva rinfocolato le divisioni fra palestinesi e israeliani. Ma i ragazzi sono arrivati, coi loro costumi colorati, con la loro bravura. Non facile neanche trovare una cantante lirica musulmana, per equilibrare la parte “classica” della scaletta che vedeva artisti italiani accompagnati dalla Simphonetta Raanana Orchestra,composta da ebrei e musulmani. Alla fine è arrivata Enas Massalha, mezzosoprano di Daburya a cantare una commovente preghiera tradizionale palestinese, “Ya Mariam”.

Il risultato finale è stato uno spettacolo in cui si sono alternati artisti come Francesco D’Orazio, che ha suonato un preziosissimo Guarnieri del Gesù, e il coro tedesco dei Gregorian; il nostro Alessandro Safina, già noto in Israele, e il Quintetto Italiano formato sotto l’ala di Pippo Baudo a Domenica In, cinque solisti lirici che, alla loro prima uscita estera collettiva hanno trascinato la platea con Verdi e “O’ sole mio”; i tedeschi Gregorian, celebrità internazionali, e il gruppo pacifista etnorock dei Gaya, celebrità israeliane, che è un vero peccato non esportare.

Tutto legato dalle coreografie del gruppo di teatro-danza Beresheet Al Shalom diretto da Angela Calò Livnè, che da Roma se n’è andata a vivere in un kibbutz trent’anni fa: «Ho fondato la compagnia quando il mio primo figlio è partito militare, affinché nessun altro figlio dovesse più andare in guerra» ha detto sul palco fra gli applausi. Davvero una grande stretta di mano, che non si fermerà qui. Porcelli sorride felice: «Vorremmo allargare l’iniziativa: non solo la ricorrenza fissa del 13 maggio, ma anche interventi nelle scuole, per sapere direttamente dai più giovani cosa sognano».


source: http://www.ilsecoloxix.it/p/cultura/2009/05/19/AMDbD3aC-israeliani_riconciliazione_palestinesi.shtml

 
MAGGIO 2009