appello
- Manifesto per
Samar Sahhar -
SALVATE L'OPERA DI SAMAR SAHHAR, IL MONDO RACCOLGA IL
SUO APPELLO
14/11/2010
 
Mentre i riflettori di tutto il mondo sono puntati sulla tragedia della
persecuzione dei cristiani in Iraq, un dramma dagli uguali tragici contorni si è
compiuto nel più totale silenzio a Betania, in Cisgiordania.
Circa un mese fa, l'Autorità palestinese ha fatto irruzione
nell'orfanotrofio-casa rifugio per ragazze e donne maltrattate gestito da oltre
vent'anni da Samar Sahhar
, palestinese cristiana di 49 anni. Una trentina di
bambine e giovani donne sono state strappate alle cure della religiosa che con
amore e sacrificio era riuscita a ridare una vita serena a chi l'aveva perduta
in giovanissima età, sia perché senza una famiglia, sia perché una famiglia ce
l'aveva, ma era diventata la più terribile delle prigioni. Valga per tutti il
caso di un'adolescente reclusa e picchiata da padre e fratelli: solo grazie a
Samar la ragazza era riuscita a ritrovare la serenità e ad innamorarsi di un
uomo buono che la voleva sposare. Ora, dopo lo sgombero della casa-rifugio di
Betania, è stata riconsegnata al genitore-aguzzino e per lei addio matrimonio
d'amore, l'incubo è diventato realtà.
Da un mese Samar piange, consolata dalle
suore di un convento di Gerusalemme dove ha trovato rifugio:
«Un'ingiustizia
terribile - dice - togliere il futuro a quelle piccole. Molte di loro erano con
me da dieci e più anni, io ero la loro famiglia. Qualcuno mi aiuti».
Un accorato
appello che il mondo occidentale deve raccogliere affinché non sia
troppo tardi.
Dai primi riscontri si sa che il blitz perpetrato dall'Autorità palestinese
avrebbe come obiettivo quello di gestire in prima persona l'orfanotrofio, per
beneficiare dei contributi governativi e delle attenzioni occidentali (Samar
Sahhar è stata più volte ospite del governatore della Regione Lombardia, Roberto
Formigoni, in occasione di alcuni incontri sia in Italia che in Israele). Ma le
ragioni di un'aggressione tanto efferata sono anche politiche: come ha anche
recentemente affermato monsignor Pizzaballa (custode di Terrasanta), dai
microfoni della Rai, le minoranze cristiane stanno vivendo uno dei momenti più
bui della loro storia in Medio Oriente. Intanto dell'accaduto è stato informato
anche il gabinetto di Shimon Peres, che assicura di aver avviato indagini "ad
alti livelli". Ma i giorni passano inesorabili senza novità positive.
«Samar
Sahhar deve tornare a gestire l'orfanotrofio di Betania - dice Angelica Edna
Calò Livné, israeliana responsabile della Fondazione Beresheet LaShalom del
kibbutz Sasa in Alta Galilea, candidata a Premio Nobel per la pace alcuni anni
fa proprio con Samar Sahhar -. Il suo esempio era un segno tangibile che la pace
poteva concretizzarsi dal basso, non strappateci quel sogno».
Di seguito inoltro anche una scheda scritta proprio da Samar Sahhar:
«Ho 49 anni e sono nata a Gerusalemme da genitori cristiani. I genitori da parte
di mia madre sono giordani.
Ho studiato pedagogia a Londra all'universita di Bristol. Poi in America,
all'Un. dell'Ohio nel programma Colombus International Program. Ho ricevuto 2
borse di studio del British Council of Jerusalem.
Non sono sposata. Sono consacrata a Gesu'.
Da 26 anni mi dedico ai bambini dell'orfonotrofio.
Da 39 anni vivo a Betania.
Ho lavorato per 20 anni all'orfanotrofio Jelal El Amal (per ragazzi).
16 anni fa ho fondato il "Lazarus Home for Girls" con i risparmi che avevo
raccolto dai miei stipendi ricevuti per 20 anni dal Bible Land e poi dalla
fondazione di Londra "Lazarus Home".
Lazarus Home for Girls e' stato fondato il 22/2/1997.
L'orfanotrofio ha lavorato ininterrottamente per 24 ore su 24.
I fondi arrivano da World Vivion e AVSI dall'Italia. 8 anni fa ho raccolto due
ragazze che aveo trovato in una grotta. Erano state violentate e massacrate dai
propri famigliari. Le ho cresciute ed educate. Si chiamano Norma e Nabila
Shahin. Qualche mese fa il padre è arrivato alla Casa di Lazzaro con la pretesa
di riavere le ragazze. Non ho voluto consegnargliele perché quando le raccolsi
erano in uno stato terrificante. Avevano le orecchie bruciate e il corpo
bruciato. Io le ho portate all'Hadassa Hospital di Gerusalemme per fare operare
e rifare la plastica. Il Ministero del Welfare palestinese pretendeva che io
consegnassi le ragazze perche quello
e' il padre e ha tutti i diritti di riprendersele. Ma mi sono rifiutata perche
le avrebbe di nuovo seviziate e maltrattate. Il padre l'ha avuta vinta sull'
ufficio e insieme a altri 20 uomini ha fatto irruzione nell'orfanotrofio. Si è
ripreso le ragazze, e tutte le bambine sono state mandate in un orfanotrofio
musulmano dove tutte le bambine stanno riviviendo i traumi dai quali le avevo
fatte uscire in questi anni.
Ora per eliminare la mia presenza e mettere le mani su tutto cio che ho
costruito stanno fabbricando delle false prove. L'unico che mi aiuta è il mio
avvocato Halil Zidon».
Angelica Calò Livné & Carlotta Morgana |