BERESHEET LA SHALOM TEATRO ARCOBALENO


L'angolo di Mara


Rubrica a cura di Mara Marantonio
16 maggio 2008
[estratto]

Nello “Spazio Autori” della Fiera ecco due iniziative editoriali, entrambe di Proedi, presentate dall’editore Andrea Jarach.

La prima, dal titolo “La Spezia, porta della speranza”, costituita da volume e DVD (che, prodotto dall'Associazione “Gruppo Samuel”, in collaborazione con Moving Image, raccoglie le testimonianze dei protagonisti), ci narra di come, dopo il 1945, il porto di La Spezia divenne "Sha'ar Tzion", la "Porta di Sion" dalla quale i sopravvissuti allo sterminio del popolo ebraico (nel contesto italiano circa 23.000 persone) salparono su diverse navi, tra cui la “Exodus”, la “Fenice” e la “Fede” ed intrapresero il loro viaggio, clandestino, della speranza verso la nuova patria, Israele. Ciò fu possibile anzitutto grazie al sostegno delle autorità e della popolazione italiane e, in particolare, dei cittadini di La Spezia.

L’incontro di Andrea Jarach con don Gianni Botto, fondatore dell’Associazione Gruppo Samuel, ha fatto nascere in entrambi la volontà di realizzare quest’opera, che coniuga l’analisi di fatti storici inediti con l’immediatezza di un documentario che racconta le medesime vicende attraverso la testimonianza dei protagonisti.

La seconda è un libro/testimonianza, “Diario dalla Galilea. Solo in pace vincono tutti”. L’Autrice è ben nota. Si tratta di Angelica Edna Calò Livné, che non ha bisogno di presentazioni. Noi, amici di Israele, conosciamo tutti molto bene (e amiamo parecchio!) questa donna, romana di nascita, con solida formazione ebraica, di grande intelligenza e sensibilità, che ha saputo dar vita ad un vasto gruppo di giovani appartenenti a culture e fedi diverse (“Beresheet La Shalom”) per realizzare un progetto di pace e convivenza attraverso l’animazione teatrale (“Teatro dell’Arcobaleno”, ma non solo…).
Avevo letto, alcuni anni fa, il suo primo libro (“Un inizio, un sì, una speranza”), poi il secondo (“Giù le maschere, il bene è in ognuno di noi”), che sono un po’ la chiave di lettura della sua personalità, del suo essere; l’ho sempre seguita, anche se un po’ da lontano, scrivendole, telefonando, leggendo di lei….poi, nell’estate 2006, ho raccolto il diario che ha tenuto, sul quotidiano “la Repubblica”, nei due mesi della guerra che Israele ha combattuto in Libano, le ansie, le paure (all’epoca aveva due, dei quattro, figli nell’esercito; poi si è aggiunto il terzo, se non erro), le sofferenze, le speranze…..Ora tutto questo, ampliato, è divenuto un libro; suddiviso in quattro parti. Nella prima è riportato il diario, che invito a leggere, giorno dopo giorno, come feci, a suo tempo, immedesimandomi per ogni istante in chi scriveva (a volte mi sentivo sobbalzare dalla tensione); seguito, nella seconda, dalle lettere inviate ad Angelica da diverse persone, in quello stesso periodo: lettere per lo più cariche di affetto ed empatia, di rado espressione di una certa ostilità preconcetta per Israele, che tuttavia non cancellava la consapevolezza di quanto sia prezioso il lavoro svolto dal gruppo e dalla sua fondatrice, validamente sostenuta dal marito, Yehuda, matematico, silenzioso quanto efficientissimo, sempre presente accanto a lei. La terza parte (“L’anno che seguì”) raccoglie le riflessioni scritte l’anno successivo alla guerra, influenzate dal ricordo drammatico di quei giorni, ma allietate da grandi soddisfazioni, come il riconoscimento ufficiale del lavoro svolto (Onorificenza di Cavaliere della Solidarietà o il Premio Grinzane) e tanti altri progetti e realizzazioni.

Da ultimo la quarta parte (“Oggi, la vita continua”) raccoglie le espressioni di partecipazione e affetto da parte di coloro, e sono moltissimi, che hanno assistito alle rappresentazioni cogliendone l’alto valore artistico e umano.

La presentazione di “Diario dalla Galilea” non sarebbe stata completa se alcuni ragazzi dell’Arcobaleno non l’avessero accompagnata con il loro spettacolo; quanto mai suggestivo, nelle chiare reminiscenze del teatro greco, espresse da forte talento drammatico, arricchito da manifestazioni di gioia di vivere, grazia, …..e musica. Al mio cuore il gruppo guidato da Angelica e Yehuda è simboleggiato da due giovanissimi, lei ebrea, grandi occhi chiari, e lui arabo, all’inizio quasi un po’ stupito, che si tolgono contemporaneamente le maschere che impedivano loro di riconoscersi come esseri umani.

Quando penso a Israele al femminile, è Angelica che mi viene in mente: la madre piena di energia e di spirito, che guarda avanti e sa dare. Sono convinta che lei sia uno dei trentasei -o settanta, diverse sono le versioni- “Giusti nascosti” (pure non essendo affatto nascosta, per nostra fortuna) che permettono al mondo di andare avanti.

Poco conta la contestazione, al termine dello spettacolo, fatta, in ultima fila, da una signora dall’aria esagitata quanto poco convinta -tant’è che non si è nemmeno avvicinata ad Angelica-, la quale ripeteva ossessivamente che quella, indicando il palco, non era un’iniziativa di pace. Chissà che cosa sono, per lei, la pace e la guerra.

Peccato che la signora, che una mia amica della comunità ebraica bolognese, lì presente, tentava invano di far ragionare, parlasse con chiaro accento israeliano. Brutta faccenda l’odio di sé, davvero.

http://www.geocities.com/italiaisraeletreviso/mara20080516to.html

 

 

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